Kucina di Kiara
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Ci sono ricette che inevitabilemte ti riportano indietro nel tempo. E i ricordi, i profumi di allora improvvisamente ricompaiono, sembrando quasi vivi, prendendo forma. Capita anche a voi? A me spesso...non posso dire di avere ricordi culinari legati alla nonna perchè quella materna l'ho persa che ero poco più che una bimba e quella paterna l'ho "vissuta" poco, nonostante la vicinanza, ma del resto siamo sempre stati in "troppi" noi nipoti...arrivo a contarne 26, quindi potete capire. Invece ricordo tantissime buone ricette della tradizione grazie alla mia mamma, che cito spesso nel blog, la cara, vecchia Gianna (se mi sentisse!). Una che porto nel cuore in maniera particolare è questa focaccia alla zucca. Ma nonostante io l'abbia ormai fatta decine di volte, QUEL sapore non lo raggiungerà mai...

200 g circa di zucca cotta e schiacciata con la forchetta
375 g di farina integrale di grano tenero Frumenta
12 g di lievito di birra
60 g di latte tiepido
100 g di acqua
1 cucchiaino di zucchero
1 cucchiaino di sale
30 g di olio extra vergine di oliva

Unite il latte e l'acqua e scioglietevi dentro il lievito insieme allo zucchero. Lasciate riposare una decina di minuti. Versate la farina sulla spianatoia, praticate un buco al centro, versatevi la zucca, l'olio e il composto di lievito e iniziate a impastare. Dopo qualche minuto aggiungete il sale e continuate a lavorare la pasta. Risulterà abbastanza morbida e appiccicosa ma non preoccupatevi. Lasciate lievitare in una ciotola coperta con pellicola in un luogo caldo fino al raddoppio del volume (ci vorranno circa 2 ore). Stendere l'impasto con le mani in una teglia rettangolare foderata con carta da forno. Praticate dei buchi con la punta delle dita. Preparate un'emulsione frullando 20 g di olio con pari quantità d'acqua e un cucchiaino di sale grosso. Versatela sulla focaccia. Fate lievitare ancora 30' quindi infornate a 180°C per 15'.


Lo sapevate che la melanzana ha origini indiane? Io personalmente no. Venne poi introdotta dagli Arabi all'inizio del IV secolo. In Italia venne inizialmente chiamata petonciana o petonciano o anche petronciano. Per evitare fraintendimenti sulle sue proprietà, la prima parte del nome venne opportunamente mutata in mela (ovvero frutto per antonomasia) dando così origine al termine melangiana e poi melanzana. Il nome melanzana, in particolare, veniva popolarmente interpretato anche come mela non sana, proprio perché non è commestibile da cruda.
La melanzana ha la proprietà di assorbire molto bene i grassi alimentari, tra cui l'olio, consentendo la preparazione di piatti molto ricchi e saporiti come questo che vi propongo oggi.

Ingredienti per 4 persone: 
 
360 g di paccheri Grano Armando
300 g di gallinella
8 pomodori secchi Citres
mezzo bicchiere di vino bianco secco
uno spicchio d’aglio
olio extravergine di oliva
sale qb
pepe qb
Per la frittura delle melanzane:
3 melanzane coralline (quelle lunghe e sottili per intenderci)
farina di semola qb
olio di semi di arachide qb

una bustina di zafferano per l'acqua di cottura della pasta

erba cipollina e fiori eduli per decorare
Procedimento:
 
Per prima cosa affettate le melanzane, salarle, passarle nella semola e friggerle in abbondante olio di arachidi. Mettere da parte su un foglio di carta assorbente. Mettere in una padella l’olio e lo spicchio d’aglio, farlo soffriggere e, quando sarà dorato,toglierlo. Unire i pomodori secchi tagliati a pezzetti e la polpa di gallinella tagliata a dadini. Fare rosolare per un minuto e sfumare con il vino. Cuocere per cinque minuti al massimo e spegnere. Aggiungere le melanzane.
Lessare i paccheri in abbondante acqua salata e sciogliervi dentro la bustina di zafferano. Scolare la pasta al dente avendo cura di tenere da parte un po' di acqua di cottura. Mantecare i paccheri con il sugo di gallinella a fuoco alto, unendo se necessario poca acqua di cottura.
Impiattare i paccheri usando l'erba cipollina, guarnendoli con il sugo preparato e petali di fiori eduli.


Oggi vi propongo quello che può essere un antipasto sfizioso oppure uno snack sano, da gustare con ciò che avete nel frigorifero: i waffle salati. Tempo fa vi avevo proposto la versione classica dolce senza burro (che trovate qui), da gustare a colazione con una bella confettura, magari fatta in casa. Oggi vi presento questa ricetta, trovata in rete chissà dove (questa volta mi bacchetto da sola perchè non ho scritto la provenienza - cosa che di solito faccio sempre-). L'ho apprezzata molto e riproposta già un paio di volte (la seconda ho sostituito il grana padano al gruyere). E' ottima, anche come salvacena!

Ingredienti per 4 waffle grandi:
200 gr di farina
2 uova
60 gr di gruyere grattugiato
1 cucchiaino di sale
60 gr di burro
1 bicchiere latte
1/2cucchiaino di sale
pepe nero

Procedimento:
Frullate tutti gli ingredienti fino a ottenere una pastella liscia. Fate riposare un'oretta e, trascorso questo tempo, scaldate la macchina per waffle (io ormai non posso più fare a meno della mia Princess), versatevi dentro un mestolo di impasto e fate cuocere i waffle 1 minuto per lato.
Servite con salmone affumicato, affettati, verdure grigliate o quello che più preferite! Nel mio caso, salmone affumicato con fiocchetti di burro e senape nera in grani Melandri Gaudenzio.


 


Il tea, dopo l'acqua, è la bevanda più diffusa al mondo ed è consumato in ogni momento della giornata. Il tea è una bevanda ideale da sorseggiare durante i pasti poichè "pulisce" la bocca ed esalta il sapore dei cibi.
Gli abbinamenti tra cibo e tea sono spesso dettati da un gusto puramente personale e non esistono regole fisse. Tuttavia, seguendo alcuni criteri di base, si riesce a trovare l'abbinamento che combina in modo armonico i sapori distintivi di ciascun alimento con il tea più adatto.
Gli abbinamenti fatti per contrasto sono quelli più difficili da trovare, ma sono sicuramente i più originali e i meglio riusciti. Il tea in bocca deve dare delle sensazioni opposte a quelle del cibo: se il cibo è untuoso e grasso, il tea deve essere fresco. Un cibo troppo dolce deve essere smorzato da un tea più amaro. Un sapore deciso o affumicato deve essere accompagnato da un tea delicato.
Quando il tea viene usato come ingrediente, come nel caso della mia ricetta, è consigliabile comunque servirlo ben caldo come accompagnamento.

Ingredienti per 4 persone:

Per le chips al Keemun Black Tea
250 g di riso Carnaroli Tenute Risicole Berneri
olio extra vergine di oliva q.b.
14 g di Keemun Black Tea in foglie Teavivre
farina di mais qb

Per l'insalata
200 g di valeriana
qualche petalo di margherita edule (o altro fiore edule come rosa, violetta o gerbera)
qualche gheriglio di noce
un rotolo di pasta brisèe

Preparazione
Per preparare le chips, fate tostare il riso con poco olio fino a che i chicchi non saranno ben tostati e caldi, quindi bagnatelo con acqua poco salata fino a ricoprirlo completamente. Fatelo stracuocere, procedendo come si fa per un risotto. Dieci minuti prima che il riso sia cotto, aggiungete il tea nero e portate a termine la cottura. Il risotto dovrà cuocere per circa 40' e risultare abbastanza cremoso e compatto. Fate attenzione che non rimanga troppo bagnato. Frullate poi il riso in un cutter fino a che non diventerà liscio e cremoso, privo di grumi. Stendete il composto su una tovaglietta di silicone o su un foglio di carta da forno, formando delle linguette ben separate e non troppo sottili. Lasciatele asciugare bene, fino a che non risulteranno croccanti, poi passatele nella farina di mais e infine in forno, sotto il grill, per qualche minuto.
Srotolate la pasta brisèe, mettetela in una teglia rotonda, rivestitela con carta forno e appoggiatevi sopra gli appositi pesetti o legumi secchi. Infornate a 200°C per 25'. Sfornate e lasciate raffreddare.
Preparate l'insalata nel guscio di pasta, unendo alla valeriana i petali di fiori eduli. Adagiatevi le chips croccanti e qualche gheriglio di noce.
Perchè risulti croccante, è molto importante condirla all'ultimo momento, girarla delicatamente per non rompere le foglie e lasciarla infine cadere con leggerezza nel piatto, in modo che rimanga ben soffice.



Ma voi dite "zucchine" o "zucchini"? Io le ho sempre chiamate al femminile ma a quanto pare a vincere non è il gentil sesso. Così dice l’Accademia della Crusca che, interrogata sul tema, trova conforto in fonti autorevoli che riportano lo “zucchino” come definizione principale dell’ortaggio e “zucchina” come semplice rimando al sostantivo maschile. Sia chiaro, entrambi i termini sono comunque corretti e utilizzati regolarmente tra i vocaboli della lingua italiana, per cui anche la mia "zucchina" è riconosciuta nei dizionari italiani. Eppure, mentre la versione femminile riesce a denotare sia la pianta che il frutto, è il termine maschile quello che apparentemente vanta il migliore pedigree storico. Ce l'hanno sempre vinta i maschi, pfffffffff.

Ingredienti per 4 persone:
200 g di patate
450 g di zucchine
50 g di grana padano grattuggiato
50 g ca. di scamorza
1 uovo
1 spicchio d'aglio
erba cipollina
pangrattato qb
sale
pepe
olio d'argania non torrefatto spray


Cuocete le patate in acqua fredda per circa 40'. Fatele intiepidire, sbucciatele e passatele allo schiacciapapate versandole in una ciotola. Sciacquate le zucchine, asciugatele e tagliatele a dadini. Spruzzate un poco d'olio in una padella antiaderente con lo spicchio d'aglio, quando l'olio è caldo toglietelo e unite le zucchine; fate cuocere per 10' circa. Aggiustate di sale e pepe. Frullate le zucchine con un frullatore a immersione (per me Russel Hobbs); versate il composto nella ciotola con le patate e lasciate intiepidire. A questo punto unite l'uovo, il grana e qualche filo di erba cipollina tritata. Aggiungete il pangrattato fino ad ottenere un composto morbido. Assaggiate e se necessario regolate di sale. Tagliate a cubetti la scamorza quindi formate delle polpette adagiando al centro di ognuna un cubetto di formaggio. Passate le polpette nel pangrattato e adagiatele su una teglia rivestita da carta da forno. Spruzzate sulla superficie altro olio d'argania. Infornate in forno caldo a 200°C per circa 20'. Servite tiepide.



Padella antiaderente Agata - Illa

Per questa seconda uscita di settembre de L'Italia nel Piatto, abbiamo pensato di proporvi come tema le Erbe aromatiche e i profumi di fine estate. Per quanto riguarda la Lombardia, credo che questa ricetta possa farvi piacere. Si tratta di un'interpretazione del maestro Gualtiero Marchesi, milanese del Verziere, che per preparare una frittata degna di questo nome, procede in questo modo: “Rompo le uova, le sbatto, o meglio, le mescolo quel tanto che basta perché tuorlo e albume risultino amalgamati (sbattendole eccessivamente le uova si sfibrano e non gonfiano a dovere durante la cottura). Quindi salo; dose: una presa di sale per un uovo. Infine incorporo qualche fiocchetto di burro, che renderà la frittata più morbida. Volendo potrò aggiungere anche erbe aromatiche, le cosiddette erbe fini. Faccio quindi sfrigolare il burro in padella, vi verso le uova e, proseguendo la cottura su un fuoco vivace, le mescolo continuamente con una forchetta, mentre con l’altra mano, impugnando il manico, imprimo alla padella un movimento regolare in avanti e indietro, in modo da ottenere una cottura omogenea” (Gualtiero Marchesi, Oltre il fornello, Milano, BUR, 1986, pag. 91).

Di seguito le dosi usate da me.

Preparazione per 6 porzioni

Ingredienti: 

UOVA (n. 10)
BURRO (60 g)
ERBE FINI*: PREZZEMOLO, CERFOGLIO, MENTUCCIA, ERBA CIPOLLINA (60 g)
SALE (q.b.)

NOTE
La frittata era di antica tradizione solo nelle zone meno povere della regione, dedite ad una cucina solida, quando nelle altre si praticava una cucina liquida che permettesse la pucia del pane o della polenta. La gastronomia regionale è comunque ricca di frittate, dalle più semplici, come quella raccolta dal Bassani in Brianza, forse l’antenata campagnola di questa ricetta, con salvia, erba de san
Pedar (Eryngium o calcatreppola) e foglie di camomilla, a quelle in odore di gastronomia francese, come l’omelette al tartufo riportata dal Dubini col nome di frittata con salsa d’uova.
Era abbastanza comune fare frittate con quasi tutte le verdure dell’orto, precedentemente lessate o saltate nel burro, e aveva diffusione regionale la cosiddetta frittata rognosa, con salsiccia o salame o cotechino tritati. Per la loro tipicità si ricordano inoltre la frittata con i cipollotti, accompagnata da
insalata o radicchio, della Bassa Lombarda; la frittata con la polenta a tocchetti della Bergamasca; la frittata con verdure selvatiche (luvertis, curnagett), o cime di ortica, della Brianza; la frittata di rane delle zone risicole della Lomellina.

VARIANTI
Ad esclusione della frittata base (uova e burro) della tradizione contadina e di quella descritta da Gualtiero Marchesi (uova, burro ed erbe fini) non esiste frittata più semplice di questa.
Le varianti potranno riguardare solo la qualità delle erbe.

*LE “ERBE FINI” RICORDANO LE FINES HERBES DI ORIGINE FRANCESE. PER ERBE FINI, ATTUALMENTE, SI INTENDE UN INSIEME EQUILIBRATO E ARMONICO DI ERBE AROMATICHE, COSTITUITO DA PREZZEMOLO, CERFOGLIO, DRAGONCELLO E ERBA CIPOLLINA. ALCUNI AUTORI VI INCLUDONO ANCHE MAGGIORANA E BASILICO.
LA PRESENZA DELLA MENTUCCIA AL POSTO DEL DRAGONCELLO DÀ A QUESTA RICETTA UN TOCCO PIÙ MEDITERRANEO.

Fonte: Per un codice della Cucina Lombarda


E ora un salto nelle altre regioni d'Italia:

Piemonte: Timballo di verdure grigliate al profumo di menta di Pancalieri 


Friuli-Venezia Giulia: Gnocchi di rape rosse

Lombardia: Frittata di erbe fini di Gualtiero Marchesi

Emilia Romagna: Liquore al basilico


Liguria: Torta di zucchine al profumo di maggiorana

Toscana: Acciughe sotto pesto

Umbria: Bocconcini di maiale al serpollo

Puglia: Focaccia con patate e rosmarino 

Calabria: L'origano selvatico calabrese

Sardegna: Su Pistu..." Fregau "
Ricordatevi di visitare il nostro blog L'Italia nel Piatto  
http://litalianelpiatto.blogspot.it/

Odio doverlo dire. Ma sapevo che questo momento prima o poi sarebbe arrivato. L'estate sta finendo, è un dato di fatto. Settembre ci sta regalando ancora splendide giornate, ma l'autunno incombe, lo sento. Arriverà il freddo così, senza preavviso e senza rendercene conto ci ritroveremo incastrati nelle stagioni più lunghe, buie e fredde dell'anno. Oddio, non riesco a crederci. Mi deprime terribilmente questa cosa. Ma ora è meglio non pensarci e goderci gli ultimi raggi di sole e gli ultimi frutti che l'estate ancora ci offre. Vi propongo questa insalata. Ho trovato la ricetta su Sale e Pepe, credo l'ultimo numero di settembre, ora non ricordo con esattezza. L'ho modificata lievemente, usando il miele di castagno nella preparazione del pollo e variando qualcosa nella vinaigrette. Beh, è stata una piacevole scoperta! Un tripudio di sapori! Perchè non la provate e mi dite?

Ingredienti per 6 persone:
600 g di filetti di pollo a filetti
2 cucchiai di miele di castagno Mielbio Rigoni di Asiago
8 albicocche
1 cetriolo
3 manciate di ricola (o songino)
1/2 cipolla di Tropea
100 g di pinoli tostati
1 cucchiaino di senape di Digione
olio extra vergine di oliva
aceto balsamico
sale
pepe


In una padella antiaderente scaldate 1 cucchiaio d'olio a fuoco dolce e stemperatevi il miele; unite i filetti di pollo in modo che siano ben dorati da ambo i lati. Salate e lasciate intiepidire.
Intanto lavate le albicocche, asciugatele in quarti. Sbucciate il cetriolo, tagliatelo a metà nel senso della lunghezza, eliminate la parte centrale e affettatelo. Salatelo e lasciatelo sgocciolare per circa 20' in un colino.
Lavate la rucola e asciugatela. Affettate finemente la cipolla. Tagliate il pollo a pezzetti e mettetelo in una ciotola con le albicocche, la rucola, la cipolla, il cetriolo e i pinoli tostati. Preparate una vinaigrette mescolando 40 g di olio extra vergine di oliva, 20 g di aceto balsamico e la senape. Versatela sull'insalata, salate, pepate e mescolate.





Come ogni anno, le vacanze estive le abbiamo passate in Liguria, in un meraviglioso paesino in provincia di Imperia: Cipressa. Chi mi segue su Instagram e sui vari social avrà avuto modo di vedere le foto che ritraggono i panorami meravigliosi di questa provincia ligure. Aria buona, mare splendido e una terra fertile che offre prodotti dal sapore inconfondibile. Limoni, fichi, more selvatiche crescono naturalmente sulle vallate che conducono al mare. Per non parlare dei fichidindia (d'ora in avanti lo scrivo in una parola sola, come amava fare Verga)! Tutti sanno che del maiale non si butta via niente. Ma sapevate che questo detto vale anche per questo frutto spinoso? Infatti si usa portare in tavola anche le pale giovani (passate in pastella e fritte, oppure gustate in insalata). Dai fiori si ricavano tisane e un delicatissimo miele, mentre dai semi un olio dalle proprietà antiage. Le parti più golose sono comunque - a mio avviso - i frutti, succosi e molto nutrienti. Questa volta devo ringraziare mio suocero Giuliano, che si è prodigato nella raccolta. Tornando alla nostra ricetta, ho pensato di impiegarli nella preparazione di questa delicatissima confettura e di un risotto, la cui ricetta posterò più avanti. Di seguito la ricetta.

1,5 kg di fichidindia
500 g di zucchero
1 limone
acqua qb


Procedimento:

Per prima cosa pulite per bene tutti i fichidindia. Io ho imparato a farlo grazie a mio suocero che mi ha insegnato a farlo, ma se non sapete che pesci pigliare guardate qui, credo possa esservi d'aiuto. Dopo aver tolto la buccia tagliateli a cubetti e metteteli in una pentola molto capiente dai bordi alti.

Cuocete i frutti mescolando di tanto in tanto fin quando non si spolperanno: per evitare che si brucino aggiungete qualche cucchiaio d’acqua.
Ora passateli al passaverdura o attraverso un colino per realizzare un composto liscio e omogeneo, poi aggiungete lo zucchero e rimettete il tutto nella pentola. Ho visto in rete ricette che mantenevano i semi. Per un gusto personale ho preferito toglierli. E' un passaggio in più, richiede più tempo, ma cretemi, ne sarete appagati.
Portate a ebollizione, aggiungete il succo di un limone e cuocete per altri 40 minuti mescolando ogni tanto. 

Per controllare se la confettura è cotta…

Ecco alcuni consigli utili sulla cottura della confettura:
Fare la famosa “prova del piattino”: versare, cioè, un cucchiaino di confettura su un piattino inclinato.
A seconda della densità raggiunta, la confettura scivolerà più o meno velocemente verso il basso.
Se la confettura non scorre per nulla, vuol dire che è pronta, ma la cottura è stata prolungata eccessivamente, rendendola eccessivamente densa.
Se scivola con una certa difficoltà vuol dire che è cotta al punto giusto.
Se la confettura scivola troppo velocemente significa che non è ancora pronta e che bisogna continuare la cottura.

Una volta certi che la vostra confettura sia cotta a puntino, mettete nei barattolini (ovviamente sterilizzati), chiudeteli, girateli per far formare il sottovuoto e conservate in dispensa!

Per la crostata, preparate una frolla come spiegato qui e procedete in questo modo: accendete il forno in modalità statica a 180°C. Stendete la pasta in un cerchio dallo spessore di circa 5 mm. Adagiate la frolla su di una teglia per crostate (per me Guardini) precedentemente imburrata e infarinata. Bucherellate il fondo, togliete la pasta in eccesso e tenetela da parte. Versate la confettura di fichidindia (ne serviranno circa 250 g) e decorate con la frolla restante, con i motivi che più vi piacciono. Infornate per circa 25-30' o fino a che la superficie non sarà dorata.


Vi chiederete come mai tutta questa sicurezza. Non eccedo di zelo quando scrivo il "burro perfetto". Perchè di questo si tratta. Prima di tutto perchè il sito da cui ho preso ispirazione è uno dei più affidabili in circolazione: Scatti di gusto. In secondo luogo perchè ho rifatto la ricetta come indicato, ed è venuta semplicemente...perfetta!

Era da un po' che mi frullava in testa l'idea di preparare il burro in casa. Mia madre mi ha raccontato più di una volta che, da piccola, lo faceva spesso insieme alle sue sorelle, mettendo la panna in fiaschetti verdi e sbattendo, sbattendo, sbattendo lo si otteneva. Era faticoso e divertente al tempo stesso, ma all'epoca non ci si poteva sempre permettere l'olio di oliva, quindi il burro, ottimo grasso sostitutivo che non costava niente (abitando in cascina, le mucche offrivano gentilmente la materia prima), lo si preparava anche due volte la settimana.

La scorsa settimana si è presentata l'occasione. Avevo in frigorifero mezzo litro di panna fresca di ottima qualità. L'avevo acquistata pensando di fare il gelato al caffè senza gelatiera di Nigella ma poi, non avendo posto in freezer, ho pensato al condimento. Io e Iris ci siamo divertite un mondo! Non vi dico poi com'era conciata la cucina, ma poco importa...si pulisce!
Ma torniamo al nostro burro. C'è chi dice che fa bene, chi dice che fa male. Con una madre come la mia, potete capire che la mia corrente di pensiero è la prima. All'età di ottant'anni suonati, non ha mai avuto un problema fisico, tantè... anche la scienza ha dimostrato che i grassi animali hanno effetti benefici: aiutano la sintesi degli ormoni, sono alla base della struttura delle ossa e delle cellule, proteggono il fegato dalle tossine. Ne ha parlato anche il “Time” con un numero intitolato Eat Butter e un articolo a tema di Brian Walsh. Ovviamente, come tutte le cose, bisogna consumarne con moderazione.

Eccovi la ricetta, suddivisa in dieci semplici mosse:

1. Per prepararne circa 200 grammi, procuratevi 500 grammi di panna freschissima. Deve essere fresca anche nella temperatura perché facilita la coesione tra i globuli di grasso (potete metterla anche mezz'oretta in freezer prima di utilizzarla). Accanto alla panna preparate una bottiglia d'acqua naturale. A questo punto procuratevi una ciotola con delle fruste elettriche (si può fare anche a mano, come si usava un tempo, ma se siete di fretta e non siete ancora entrati nella modalità fitness, lasciate perdere), un colino e qualche vasetto di vetro.

2. Come prima cosa versate la panna fredda in una ciotola (io per comodità ho versato il tutto nella planetaria con la frusta). Accendete e iniziate a montare la panna.


 3. Le fruste, incorporando aria, faranno montare la panna, trasformandola prima in una crema gonfia e morbida…


4. quindi nella classica panna montata (non mangiatela, mi raccomando...resistete!)

5. Proseguite ancora con le fruste. Dopo breve tempo vedrete la panna “impazzire”. Da bianca immacolata diventerà giallognola. In questa fase si formeranno piccoli fiocchi e sul fondo comincerà a depositarsi del liquido bianco.


6. Dopo circa 10 minuti (dipende dalla potenza della vostra frusta elettrica e da quanto fredda era la panna), ecco che i fiocchi si sono incollati tra loro, dando luogo a un composto solido. Ecco il burro.


7. La parte grassa della panna si è unita strizzando fuori il suo liquido, chiamato latticello. Fatelo passare attraverso un colino e raccoglietelo in una bottiglia o in un vasetto di vetro. Mi raccomando, non gettate via questo nettare prezioso! È un alimento povero di grassi e proteine ma è ricco di sali minerali (calcio, magnesio, fosforo).
Si può bere così com’è (a me piace un sacco) oppure aromatizzarlo a piacere (con acqua di rose, acqua di fiori di arancio, ecc...) o usarlo per la preparazione di pane americano, come il soda bread o il fantans del New England (le cui ricette posterò prossimamente), oppure potete impiegarlo nella preparazione di muffins.


8. Abbiamo quasi finito. Ora dovete riempire un recipiente con una quantità d’acqua fredda pari a quella del latticello e versatela nella ciotola con il burro.

9. Accendete le fruste ancora per qualche minuto così che l’acqua fredda lavi il burro e si porti via ancora un po’ di latticello. Questo nuovo sottoprodotto è meno nobile del latticello, poichè diluito con l’acqua, ma è buono ugualmente.


10. Recuperate il vostro burro e strizzatelo un po’ con le mani così da far fuoriuscire quanto più latticello possibile (più acqua esce e più a lungo si conserva). Trasferite il burro in un contenitore a chiusura ermetica e tenetelo nell’angolo più recondito del frigorifero. Durerà almeno un mese.

Note: 

Se volete salare il burro, aggiungete circa il 3% del suo peso in sale marino (lavoratelo a pomata in una ciotola, aggiungete il sale e lavoratelo ancora). Rimettetelo in un vaso e conservatelo sempre in frigorifero.

Se desiderate trasformarlo in una crema dolce da spalmare sul pane, unite 20 grammi di miele (e 50 grammi di nocciole tritate) a 100 grammi di burro lavorato a pomata. È un’ottima merenda.
Ricordate che il burro è un grasso perfetto per cotture rapide, per ispessire e lucidare fondi di cottura o per arricchire di gusto un piatto di pasta. Non usatelo per cotture prolungate perché ha un punto di fumo piuttosto basso.

Mi capita spesso di innamorarmi in rete. Non dico tutti i giorni ma quasi. Ma che avete capito??? Parlo delle ricette! Si, di tutte quelle meravigliose ricette che ogni giorno vedo postate dalla appassionate di cucina come me. Mi basta una foto particolarmente bella, un ingrediente particolare o la storia celata all'interno del post di presentazione. E' stato così anche con questo piatto scovato sullo splendido blog di Elena (che prima o poi conoscerò di persona): Con un poco di zucchero. Molti di voi già lo seguiranno e per chi ancora non lo conoscesse...bacchettata sulle mani!!! Correre subito!!!
Questo piatto, oltre a essere molto semplice nell'esecuzione, è anche sorprendentemente buonerrimo. Bastanopochi ingredienti, purchè di qualità, un pizzico d'amore e il gioco è fatto! Per ora l'ho cucinata per mio marito e per una cena coi suoceri. Approvata a pieni voti! La prossima cena tra amici la vedrà di nuovo protagonista! Grazie ancora Elena...
Vi riporto di seguito la ricetta con le mie piccolissime varianti. Per la ricetta originalissima vi rimando al suo sito.

Ingredienti per 2 persone:
160 g spaghetti alla chitarra Grano Armando
2 cipolle rosse di Tropea medie (o 1 grande)
2 alici in salsa piccante
2 cucchiai di bottarga di tonno grattugiata Campisi
sale
pepe bianco
2 cucchiai di olio extra vergine di oliva

Preparazione:
Pulire le cipolle e affettarle sottili. Mettere sul fuoco l’acqua per la pasta, salarla al bollore e cuocere gli spaghetti alla chitarra scolandoli al dente.
Nel frattempo scaldare l’olio in una padella insieme alle alici in salsa piccante, unire le cipolle, salare (senza esagerare), pepare e bagnare con un mestolo di acqua di cottura della pasta. Cuocere per una decina di minuti (il composto deve risultare molto morbido così da avvolgere al meglio gli spaghetti). Aggiungere 1 cucchiaio di bottarga, mescolare e spegnere la fiamma.
Versare gli spaghetti nella padella, farli saltare 1 minuto con il condimento e servire dividendo nei piatti il cucchiaio rimanente di bottarga.

Tovaglietta Green Gate

Dopo la pausa estiva, L'Italia nel Piatto torna più interessante che mai! Vi siamo mancati? Spero proprio di si!!! Il tema con cui riapriamo riguarda salse, condimenti, conserve e liquori. Per quanto riguarda la Lombardia ho pensato alla peverada, una salsa che mia madre usava fare quando io ero piccola, come accompagnamento al bollito. La peverada, chiamata anche salsa peperata, ha origini medievali: è menzionata in un banchetto del 1148 come accompagnamento alla carne di maiale ("carni porcine con piperata"). La ricetta originaria era a base di pepe, oggi sostituito dai peperoncini, e spesso comprendeva altre spezie: in passato il largo impiego di queste sostanze aromatizzanti serviva per "bonificare" i cibi mal conservati e camuffarne il sapore sgradevole.

25 g di peperoncini piccanti
25 g di farina bianca
3 tuorli sodi
2 spicchi d'aglio (io ho usato l'aglio alla siciliana Citres)
15 g di capperi (io ho usato i frutti del cappero Citres)
3 acciughe diliscate
la scorza grattugiata di mezzo limone
2 gambi di sedano
olio extra vergine di oliva
aceto aromatico
noce moscata
sale
pepe

Far tostare leggermente la farina. Tritare i peperoncini, l'aglio, il sedano, i capperi, le acciughe. Mettere tutto nel frullatore (io ho usato il praticissimo Russel Hobbs) insieme alla farina, alla scroza grattugiata e ai rossi d'uovo sodi. Frullare diluendo con olio e aceto aromatico versandoli poco per volta. Insaporire con la noce moscata e il pepe, regolare di sale.


Fonte Sapere Sapori


E ora un salto nelle altre regioni d'Italia:

Piemonte: Salsa rubra
http://j.mp/salsa-rubra

Trentino-Alto Adige: Confettura di susina di Dro D.O.P
http://www.afiammadolce.ifood.it/2015/08/confettura-di-…a-di-dro-d-o-p.html

Friuli-Venezia Giulia: Confettura di mele
http://ilpiccoloartusi.weebly.com/litalia-nel-piatto/confettura-di-mele-per-litalia-nel-piatto

Lombardia: La peverada
http://www.kucinadikiara.it/2015/09/la-peverada.html

Veneto: Liquore al maraschino
http://ely-tenerezze.blogspot.com/2015/09/liquore-al-maraschino-per-litalia-nel.html

Emilia Romagna: Scalogni sott'olio
http://zibaldoneculinario.blogspot.com/2015/09/scalogni-sottolio-per-litalia-nel-piatto.html

Liguria: Trofie con calamaretti e bottarga su crema di cavolfiore
http://arbanelladibasilico.blogspot.com/2015/09/litalia-nel-piatto-salse-condimenti.html


Toscana: Fichi canditi alla contadina
http://acquacottaf.blogspot.com/2015/09/fichi-canditi-alla-contadina.html

Umbria: Verdure in agrodolce
http://www.dueamicheincucina.ifood.it/2015/09/verdure-in-agrodolce.html

Abruzzo: Confettura di Pesche
http://ilmondodibetty.it/confettura-di-…lia-nel-piatto/

Lazio: Fichi sciroppati con nocciole
http://beufalamode.blogspot.it/2015/09/fichi-sciroppati-con-le-nocciole-per.html

Campania: Alici sotto Sale 
www.isaporidelmediterraneo.it

Basilicata: Aglio, olio e polvere di peperone crusco
http://blog.alice.tv/profumodicannella/2015/09/01/aglio-e-olio-alla-lucana-mai-senza-polvere-di-peperone-crusco/

Puglia: Pomodori secchi sott'olio
http://breakfastdadonaflor.blogspot.com/2015/09/cucina-pugliese-pomodori-secchi-sottolio.html

Calabria: " Provviste " con pomodori secchi
http://ilmondodirina.blogspot.com/2015/09/provviste-con-pomodori-secchi - per l'Italia nel piatto.html

Sicilia: Pesto pantesco
http://www.burroevaniglia.it/2015/09/pesto-pantesco.html

Sardegna: Composta di susine, cipolla rossa, mirto nero e aceto balsamico
http://blog.alice.tv/dolci-tentazioni-d-autore/2015/08/31/composta-di-susine-cipolle-rosse-mirto-nero-e-balsamico/


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L'autore di questo blog non utilizza cookie di profilazione, né  risponde di  quelli eventualmente  installati da terze parti ai quali  non ha accesso. Ai sensi del punto 2 del provvedimento del Garante della  privacy "Individuazione delle modalità semplificate per l’informativa e  l’acquisizione del consenso per l’uso dei cookie" - 8 maggio 2014  [3118884] Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 126 del 3 giugno 2014. Questo blog non costituisce una testata giornalistica. Non ha carattere   periodico ed è aggiornato secondo la disponibilità e la reperibilità  dei  materiali. Pertanto non può essere considerato in alcun modo un   prodotto editoriale ai sensi della legge n.62 del 2001.<div>Tutti i   diritti relativi a fotografie e immagini presenti su questo blog, sono   di mia esclusiva proprietà (Chiara Rozza) e non è autorizzato l'utilizzo   di alcuna foto  in siti o in spazi non espressamente autorizzati da  me.

Mi chiamo Chiara, ho 44 anni e ho aperto questo blog di cucina nel 2010, con la
speranza di rendermi utile a chi, come me, non sapeva cucinare nemmeno un uovo.
Mi sono "costruita" da sola, con tenacia e curiosità, ma i consigli e l'esperienza di mia madre mi hanno aiutata in maniera decisiva.
Il mio background di esperienze professionali e personali mi ha portato a creare una mia modalità con la quale divulgare l'importanza del cibo, sotto ogni suo aspetto.

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