Per questa uscita de
L'Italia nel Piatto, abbiamo pensato di proporvi
I Cereali, quelli locali. Per la Lombardia la scelta è caduta inevitabilmente sul riso. La storia del riso, si sa, è lunga quanto il mondo. Questo cereale è interessante per tanti aspetti. Si tratta di uno dei cereali più diffusi al mondo e più importanti per l’alimentazione umana.
Con quasi 70 mila ettari di risaie, il territorio che comprende Pavia, l’Oltrepò e la Lomellina è una terra dedicata alla coltivazione del riso, tanto che uno dei piatti simbolo della gastronomia locale è proprio il risotto alla certosina, che vi proporrò in un secondo tempo.
Il cereale fu introdotto nel nord della Penisola da Galeazzo Maria Sforza nel lontano ‘400, il quale lo impiantò proprio in questa zona paludosa del ducato.
Da qui il riso si diffuse in tutta Italia. Diventò la base dell’alimentazione dei contadini, che lo trasformavano in risotto con tutto quello che di commestibile disponevano e lo consumavano anche come dolce.
Le risaie abbondavano di un altro cibo tipico del pavese, le rane, oggi quasi scomparse per il massiccio impiego di diserbanti e che, apportatrici di proteine animali, venivano catturate dai contadini e cucinate in svariati modi dando origine a molti piatti tradizionali della zona e della Lombardia (riso e rane, rane fritte, rane in guazzetto).
Ma per questa uscita ho pensato di proporvi un riso dal nome insolito, il Riso in Cagnone.
La denominazione viene dal lombardo cagnun = larva d’insetto, un nome forse non proprio appetitoso, lo so. Il riso viene inteso come larve biancastre, per l’aspetto che i chicchi assumono dopo la cottura. Questo titolo, riso in cagnone alla milanese, era diffuso in italia e noto, tanto che lo troviamo nella cucina casereccia stampata a Napoli nel 1828.
Riso, burro, Grana Padano e profumo di aglio e salvia: pochi ingredienti da maneggiare con cura.
Quello in cagnone è un riso che non deve essere mantecato, un piatto davvero antico, diverso dai risotti a cui siamo abituati: per questo è meglio non scegliere il Carnaroli ma una delle varietà indicate negli ingredienti, che hanno una cottura più omogenea nella bollitura e che danno quell’effetto colloso che è tipico di questa preparazione.
Ingredienti per 6 persone: 320 g di riso tipo Baldo o Vialone Nano
50 g di burro (la ricetta originale ne prevedeva 200 g)
1 spicchio d'aglio
6 foglie di salvia
80 g di grana padano grattugiato
sale
pepe (se piace)
Cuocere il riso molto al dente in abbondante acqua salata.
Calcolare la giusta quantità di acqua, che deve essere assorbita interamente, è tra le difficoltà maggiori in questa preparazione: ogni riso si comporta in modo diversa, non solo in base alla varietà , ma anche a seconda del lotto di lavorazione. Quindi occorre prestare la massima attenzione.
Generalmente si calcolano tra gli 800 ml e il litro di acqua per 320 g di riso, sufficienti appunto per 5-6 persone.
Si lascia cuocere per 15-17 minuti, poi lo si “pesca” con una schiumarola: non deve essere completamente asciutto, deve restare un po’ liquido. Anche in questo passaggio bisogna stare attenti, per trovare il giusto punto di cottura: l’anima del chicco si deve sentire ancora.
Si trasferisce il riso nel piatto e lo si copre con abbondante Grana.
A parte si fa rosolare il burro con una testa di aglio. Tanto burro, non stiamo facendo un piatto “light”, ma un piatto che un tempo doveva dare sostentamento a chi lavorava nei campi. Quindi generalmente per i 320 grammi di riso bisognerebbe sciogliere 200 grammi di burro (io ovviamente ne ho messo meno, visto che non devo andare a lavorare nei campi....). Aggiungiamo la salvia al burro color nocciola e lo versiamo sopra il riso (scartando prima l'aglio) mentre è ancora caldo: lo dobbiamo sentir sfrigolare.
Servire subito, va consumato caldissimo.
Se vi piace, potete dare una spolverata con pepe macinato al momento.
E ora vediamo cos'hanno preparato le altre regioni: